Saggio tratto dal libro Callieri B, Zerella MP, Janiri P, Petrini P “Il simbolo” Ed Alpes Italia 2006
Tradizionalmente, il pensiero viene considerato una funzione cognitiva. L’aspetto cognitivo è senz'altro una caratteristica del pensiero ma quest'ultimo non può, a mio avviso, restringersi alla funzione logica che si rifà ad Aristotele.
Il principio di non contraddizione, infatti, è impostato sul pensiero verbale, ovvero sull'acquisizione più elevata e specie specifica dell'essere umano.
Se per simbolo intendiamo la rappresentazione di una cosa al posto di un’altra, non c’è niente di più rappresentativo e sintetico del simbolo verbale che sta al posto della cosa.
Certamente, se ci fermiamo alla logica aristotelica non possiamo che confermare quanto il cognitivismo classico afferma da sempre: cioè che l’attività simbolica inizia con il linguaggio, ossia con l’attività lucida e manifesta che dà luogo alla formazione del pensiero cosciente.
Il Pensiero Inconscio
Purtroppo, anche la psicoanalisi, dopo avere inferto la “sberla narcisistica” (Ancona, 2004) al positivismo di fine ‘800, rimane in bilico tra la proposizione di un Es, “crogiuolo di eccitamenti ribollenti” (Freud, 1922), e quindi totalmente lontano dall'attività simbolica e il Pensiero Inconscio, intuito da Freud, ma poi lasciato cadere, con la consueta commistione di genialità e vaghezza che caratterizza tutta l’opera del padre della psicoanalisi.
[...]E’ probabile - dice Freud - che il pensiero fosse originariamente inconscio, in quanto nasceva dall'ideazione. Quando poi esso si rivolse alle relazioni esistenti tra le varie impressioni relative agli oggetti, venne a qualificarsi di nuove proprietà le quali furono percepibili per la coscienza finché non si collegarono alle tracce mnesiche verbali.[...](1911)
Qualcun altro, però, non si lascia sfuggire l’importanza di questa considerazione, e la sviluppa in un’opera originale e lungimirante.
Matte Blanco, infatti, individua due forme di pensiero, ambedue presenti nella mente umana, l’una improntata alla asimmetria ossia alla logica aristotelica, l’altra alla simmetria, ossia ad un pensiero che si organizza senza la distinzione razionale del sé e del non sé, come del tempo e dello spazio, e non è esprimibile in forme rappresentative verbali e non verbali.
Per definire la complessità di un sistema di pensiero del genere, e non ripetere l’errore di Cartesio, Matte Blanco configura l’apparente dualismo delle due forme di pensiero in un insieme di strutture bi-logiche, concettualizzazione assai simile a quella di visione binoculare a suo tempo proposta da Bion(1962).
[...]Ciò significa che un aspetto di tali strutture corrisponde al binario della logica classica mentre l’altro è l’espressione del principio di simmetria, che costituisce il secondo binario lungo il quale si sviluppa la psicoanalisi e descrive le violazioni di questa logica precisamente nello stesso aspetto dello stesso argomento in esame. Perciò si può affermare che esiste nell’intima struttura dell’essere umano un’antinomia fondamentale risultante dalla co-presenza di due modi di essere che sono tra loro incompatibili e, tuttavia, co-esistono in un concetto unitario più ampio che li comprenda entrambi. In tal senso sono come l’azoto e l’ossigeno nell’aria: insieme e, tuttavia, separati e mai combinati a formare biossido di azoto. Ciò è incomprensibile per il nostro pensiero normale. Questa antinomia è fondamentale perché sembra essere presente non solo negli esseri umani ma anche, per quanto ne so, altrove.[...](Matte Blanco, 1988)
Ritornando all'inizio, possiamo affermare, quindi, che il Pensiero Inconscio sia una struttura bi-logica e, anche senza simbolismi verbali, riesca a configurare le forme simboliche, le quali possono essere considerate a tutti gli effetti come elementi primari del pensiero.
A questo punto, sorge la necessità di rispondere almeno a due interrogativi, ossia:
- quale tipo e di che natura sia il simbolismo espresso dal Pensiero Inconscio;
- quale tipo di realtà mentale preceda nello sviluppo la struttura che ho definito Pensiero Inconscio, e se questa primitiva realtà mentale permanga a sviluppo ultimato.
A ben vedere, anche una terza domanda merita una risposta, cioè:
- in che modo si caratterizzi il Pensiero Verbale, una volta che il suo simbolismo perda la primarietà e si configuri come un livello mentale evoluto ma radicato nella realtà complessa e primariamente simbolica del Pensiero Inconscio.
Il Protomentale
Le prime due questioni sono intimamente intrecciate, e non a caso sono state poste insieme. Per definire l’una e l’altra, occorre partire dalla nozione di inconscio, per come la intendiamo in base alle conoscenze attuali.
L’inconscio, a mio avviso, non può essere concepito né in termini unicamente neurofisiologici (l’unknown dei neuroscienziati), né in termini esclusivamente psicodinamici (il mondo interno secondo Melanie Klein).
Quello che troviamo nel soggetto adulto è un’attività mentale organizzata, dove coscienza e inconscio convivono in una costante interrelazione, la quale poggia sulla natura duale dei processi inconsci (inconscio procedurale, inconscio rimosso, cfr. Kandel, 1998, 1999).
Mediando il termine da un’intuizione geniale di Bion (1952), definisco Protomentale (Lago et al. 2003), la realtà non simbolica che precede nello sviluppo la comparsa del Pensiero Inconscio. Ciò che intendo per Protomentale può essere definito con le parole di Damasio, nel modo seguente:
[...]
- tutte le configurazioni neurali che non si traducono mai in immagini;
- tutte le disposizioni acquisite attraverso l’esperienza che sono latenti e possono non diventare mai una configurazione neurale esplicita;
- tutto il tranquillo ritmo dell'aumento di tali disposizioni e delle loro reti di connessioni, che possiamo non arrivare mai a conoscere in modo esplicito;
- tutta la segreta saggezza e il sapere che la natura ha incorporato nelle disposizioni omeostatiche innate.[...] (Damasio, 1999)
Con il Pensiero Inconscio ha inizio l’attività simbolica, definita anche mentalizzazione, la quale è una funzione mentale che richiede lo sviluppo completo della struttura nervosa (<18 mesi) e che dipende dalla capacità acquisita del soggetto di elaborare in modo sintetico le esperienze emotive e affettive realizzate a livello inconscio protomentale.
La dualità dell’inconscio è quindi una condizione di partenza che prelude a una sintesi, sia in termini evolutivi, sia in termini produttivi.
Il Pensiero Inconscio, che possiamo intravedere e valutare attraverso i sogni, i lapsus e gli altri aspetti inconsci comunque richiamabili la coscienza, è risultato di una attività della mente.
La funzione alfa
Per definire meglio il concetto di Pensiero Inconscio, mi avvalgo dei suggerimenti che provengono dalla ricerca di un genio della psicoanalisi quale è Wilfred Bion:
[...]Io ho proposto una teoria secondo la quale c’è una funzione alfa che, dando luogo ad elementi alfa, costruisce una barriera di contatto; questa barriera separerebbe gli elementi in modo tale che quelli di un versante sono, e formano, il conscio e quelli dell’altro versante sono, e formano, l’inconscio. La teoria della coscienza può essere quindi modificata come segue: conscio e inconscio, prodotti con continuità nei modi suddescritti, funzionano come se fossero binoculari, atti cioè alla correlazione e all'autosservazione. Dato il modo in cui si origina, una registrazione imparziale della qualità psichica del sé è dunque preclusa: la “veduta” che una parte ha dell'altra è sempre, per così dire “monoculare”. Per queste ragioni… la teoria dei processi primari e secondari è da me giudicata insoddisfacente. La debolezza di tale teoria consiste nel fatto che essa deve postulare due sistemi laddove nella mia teoria della funzione alfa l’esperienza emotiva è trasformata in elementi alfa che rendono possibile sia il pensiero onirico sia il pensiero inconscio di veglia sia l’immagazzinamento (memoria)[...](Bion, 1962)
La funzione alfa di Bion rappresenta l’attività mentale che produce il Pensiero Inconscio. Le esperienze emotive stanno per ciò che ho indicato come Protomentale, il pensiero onirico è ciò che gli elementi alfa rendono possibile, insieme al pensiero inconscio di veglia e al ricordo.
Gli elementi alfa della teoria di Bion sono concetti guida per la definizione delle immagini mentali.
L’immagine mentale è una rappresentazione sintetica delle esperienze di natura intersoggettiva (immagine di sé e dell'altro da sé), che richiede la presenza e il funzionamento delle strutture cerebrali di secondo ordine.
L’organizzazione delle immagini mentali, secondo criteri rappresentativi narrativi, estetici e formali, dà luogo al materiale onirico nel quale è espressa una forma simbolica di pensiero, il pensiero onirico.
Accogliendo la tesi di Bion, pensiamo che non è quindi necessario sdoppiare il funzionamento mentale secondo la processualità, di volta in volta, primaria o secondaria.
Il Pensiero Inconscio può essere visto come risultato di una correlazione, nella quale coscienza e inconscio possono fondersi, così come nella visione binoculare si fondono i due campi visivi.
Il risultato di una visione binoculare del genere è il Pensiero Inconscio di veglia, ovvero la possibilità di pensare ciò che la funzione alfa ha elaborato, a partire dalle esperienze dell'inconscio protomentale, quest'ultimo non rappresentabile in alcun modo, e capace solo di emergere per una quota che la funzione alfa, ovvero il processo di mentalizzazione, non riesce a tradurre o convertire in Pensiero Inconscio.
I due inconsci
A questo punto, non è difficile comprendere perché la memoria sia determinante per il consolidamento delle immagini mentali e dell'attività del Pensiero Inconscio.
Anche grazie alle recenti acquisizioni neuroscientifiche, la memoria comincia a configurarsi come la vera matrice dei processi inconsci, fino a offrire la base per un modo di trattare la realtà psicodinamica della mente senza ricorrere ai vecchi assunti della Metapsicologia.
[...]Stiamo parlando qui di un nuovo modo di concepire l’inconscio rispetto a Freud: un insieme di processi traumatici di varia gravità, non rimossi ma depositati nella memoria implicita che, in quanto rappresentazioni preverbali presimboliche, non hanno raggiunto la coscienza ma continuano a operare anche nell’adulto, e che ritroviamo nel transfert e in particolare nel sogno, teatro per eccellenza della memoria.[...](Mancia, 2004).
Dalla distinzione documentata tra la memoria implicita e la memoria esplicita nelle aree e del SNC, si può risalire a una distinzione metodologica tra le due modalità inconsce, e in precedenza accennate, del Protomentale e del Pensiero Inconscio.
Con la definizione dei due inconsci, la misteriosa genericità dell'Es freudiano esce dalle nebbie, permettendo al lavoro sull'inconscio di abbandonare il tono iniziatico e un certo misticismo che poteva ancora mantenere, nonostante l’abbondanza del materiale clinico.
Non è tanto l’inconscio autobiografico, corrispondente all'inconscio rimosso di Freud, che ci offre i dati più interessanti per comprendere la mente umana, quanto il Pensiero Inconscio, nel quale possiamo cogliere le tracce di quell'altra modalità inconscia ossia il Protomentale, il quale non può essere rappresentato se non in seguito ad un’elaborazione che richiede un processo mentale evoluto (mentalizzazione).
[...]La memoria, e in particolare quella implicita, quindi, per noi oggi più che per Freud, entra attivamente nel processo psicoanalitico e nel sogno, dove il suo recupero permette un confronto tra le esperienze attuali e quelle del passato e, come un pontifex che collega la realtà attuale con l’esperienza di un tempo e che unisce in una situazione unica il mondo oggettuale dell’adulto con quello del bambino, che si è formato in epoca preverbale e presimbolica.[...]( Mancia, ivi).
Il Protomentale, oltre ad essere un pontifex tra passato e presente, emerge nei comportamenti dei vissuti emozionali come espressione del sé, difficilmente rappresentabile e del tutto legata all’immediatezza dell’interazione e dell’esperienza attuali.
Interpretazione e mentalizzazione
La relazione terapeutica di ispirazione psicodinamica non può che rappresentare il contesto nel quale avviene il lavoro di sintesi tra memorie implicite ed esplicite, attraverso il completamento del processo di mentalizzazione ad opera del Pensiero Verbale del terapeuta, cioè del lavoro interpretativo.
Interpretare significa quindi, facilitare un processo di sintesi che la mente tende ad attuare spontaneamente, mettendo insieme memorie implicite ed esplicite, innanzitutto attraverso il pensiero onirico, cioè un modo di funzionare della mente che si svolge in modo totalmente inconscio e costituisce una modalità di mentalizzazione.
Il poter finalmente basare il funzionamento dei processi mentali su un monismo ontologico che riconosce nell'unica matrice protomentale psicobiologica l’origine della mente e la materia prima dell'organizzazione della personalità, ci permette di proporre un parallelismo tra ricerca neurobiologica e ricerca psicodinamica, che non escluda un pontifex tra l’una e l’altra, ma ne riconosca le epistemologie separate (dualismo epistemologico), in grado di convergere, però, in una visione integrata.
Lasciandoci alle spalle il dualismo psicoanalitico tra psicologia e metapsicologia (che poi è diventato monismo metapsicologico!), si può derivare lo sviluppo della mente da un unico livello mentale psicobiologico, il Protomentale, rifiutando qualsiasi mentalismo esclusivamente psicologico (come ad esempio fa il concetto di fantasia inconscia di Melanie Klein) prima della maturazione necessaria delle strutture di secondo ordine del SNC.
Si apre, quindi, la prospettiva di un monismo protomentale, il quale consente la considerazione unitaria costante, durante tutta la vita, di un livello mentale di base, valutabile e misurabile in termini biologici, nonché accessibile a interventi di natura organica, allo stesso modo di interventi di natura psicologica.
Nel nostro caso, il dualismo epistemologico comincia quando lo sviluppo evolutivo della mente favorisce la comparsa di livelli di funzionamento mentali superiori, come il Pensiero Inconscio e il Pensiero Verbale, frutto dell’attività complessa del SNC.
Con la comparsa del Pensiero Inconscio, l’attività protomentale, presente fin dalla nascita, non è più valutabile e misurabile in termini esclusivamente biologici.
Le immagini mentali, che costituiscono gli elementi fondamentali del Pensiero Inconscio, nel quale vanno confluendo di continuo gli elementi del Protomentale, sono il frutto di una azione sintetica e costruttiva costante del SNC e, a differenza degli elementi protomentali, i quali dipendono dallo stimolo ambientale, esse si basano sul deposito e immagazzinamento di tracce nella memoria implicita ed esplicita del soggetto.
Ciò significa che ci può essere un luogo, una localizzazione del sistema delle emozioni (strutture di primo ordine) ma, per quanto si possa risalire a una serie di strutture di secondo ordine che si attivano nell'esercizio di funzioni mentali più complesse (coscienza, linguaggio), non è possibile, secondo le attuali conoscenze, collegare il quadro di riferimento neurobiologico con quello psicodinamico, per cui bisogna ricorrere a un metodo, ossia a una formulazione concettuale che renda possibile la definizione di un processo mentale sul quale si possono fare delle ipotesi, a partire dalle conoscenze neuroscientifiche, ma non sono noti tutti i passaggi, tanto che il problema rimane aperto (the binding problem).
Il pensiero onirico
Il concetto di Pensiero Inconscio, dunque, ha molte cose in comune con la struttura bi-logica di Matte Blanco e con la funzione alfa di Bion. Quest'ultimo concetto ci introduce in una possibile teoria del sogno come prodotto elaborato della mente e del pensiero onirico che si coglie nel racconto del sogno e può essere verbalizzato nell'interpretazione.
[...]il “sogno” - insieme alla funzione alfa che lo rende possibile - è al centro dell'operazione del conscio e dell'inconscio, operazione da cui dipende il pensiero ordinato… operazione del “sogno” che è una combinazione in forma narrativa di pensieri onirici, i quali derivano a loro volta da combinazioni di elementi alfa. Secondo questa teoria, la capacità di “sognare“ preserva la persona da uno stato virtualmente psicotico.[...] (Bion, 1962)
La testimonianza di Bion dà un impulso determinante alla teoria del sogno come pensiero (Lago, et al., 2002).
Il sogno, visto come risultato della funzione alfa, permette di superare in modo definitivo il modello neurofisiologico proposto da Freud e la sua, mai ritrattata, ipotesi del sogno come derivato pulsionale del desiderio.
[...]Bion (1962) propone per il sogno la funzione di trasformare le esperienze (emotive e sensomotorie) della veglia in pensiero onirico, dando continuità alla vita mentale nel suo passare dalla veglia (dominata da fantasie) al sonno (dominato dai sogni). Ne consegue anche un capovolgimento del rapporto tra sogno e inconscio, rispetto a quanto prospettato da Freud. Le funzioni della censura e della resistenza presenti nel sogno non sono per Bion un prodotto dell’inconscio, ma gli strumenti per mezzo dei quali il sogno ‘ crea e differenzia il conscio dall’inconscio.[...](Mancia, cit.)
In modo quasi diametralmente opposto all'atteggiamento di Freud verso l’emozione, Bion dice che l’esperienza emotiva della relazione intersoggettiva deve essere pensata e capita perché la mente possa crescere e svilupparsi.
Bion vede un’interrelazione osmotica tra coscienza e inconscio; e non esclude una visione binoculare che ne integri gli aspetti, dando all'essere umano la possibilità di volgere le emozioni in pensiero, ossia organizzare innanzitutto le emozioni in pensieri onirici espressi in immagini.
Porre le emozioni e gli affetti (ossia il Protomentale) alla base del processo di conoscenza, consente a Bion di sviluppare l’idea di un Pensiero Inconscio quale prodotto dell'elaborazione mentale delle esperienze emotive che nascono dall'interazione con la realtà.
La funzione alfa è un termine che racchiude una serie di processi mentali, anche di natura biologica, che si condensano, a mio avviso, nell'ambito della funzione riflessiva o mentalizzazione nel senso indicato da Fonagy (2002).
Il pensiero onirico è il risultato più elaborato del processo di mentalizzazione; esso, quindi, non è il prodotto di impulsi emotivi che spingono attraverso la scena del sogno.
Il sogno è una organizzazione spontanea originale di immagini mentali già presenti nella mente del soggetto, immagini in grado di legare e contenere la quota protomentale corrispondente all’attualità emotiva del soggetto stesso.
Il pensiero onirico mette insieme, quindi, immagini mentali passate e presenti del soggetto con la quota emotiva protomentale che, invece di essere espressa nel comportamento (come accade nella veglia), emerge nelle tonalità narrative, estetiche e affettive del sogno.
In quest'ultimo non c’è alcun prodigio divinatorio né una verità sgradevole agli occhi del soggetto, mascherata da una censura al servizio della rimozione; nel sogno c’è un Pensiero Inconscio che prevalentemente si svolge nel sonno (pensiero onirico), ispirato a una logica simmetrica (Matte Blanco) del tutto distante dalla logica aristotelica che si svolge prevalentemente nella veglia.
Condensazione e spostamento sono solo due dei modi principali sintetici con i quali si esprime il pensiero onirico, attività simbolica che si svolge nella formazione di costrutti narrativi ed estetici, nei quali avviene la sintesi di memorie esplicite e implicite, ma anche di elementi emotivi e affettivi (il Protomentale) che sono il portato della partecipazione attuale del soggetto alle tematiche presenti nel sogno.
[...]L’esperienza psicoanalitica insegna che il sogno è di per sé simbolopoietico, poiché trasforma simbolicamente esperienze all’origine presimboliche, e conseguentemente permette la verbalizzazione di esperienze all’origine preverbali. In virtù di questo processo, il sogno può rendere pensabile, anche senza il ricordo, emozioni passate depositate nella memoria implicita, e parti strutturali dell’inconscio non rimosso. Il sogno diventa così un processo di teatralizzazione di affetti ed emozioni radicati nella storia del soggetto, che possono riemergere nella specifica situazione psicoanalitica.[...](Mancia, cit.)
Il pensiero onirico come rappresentazione teatrale della vita interna è una metafora presente anche nella ricerca che Meltzer conduce sulla teoria del sogno.
[...]colui che sogna è colui che pensa e l’analista è colui che comprende il suo pensiero. Nel comunicare il suo sogno in qualunque forma simbolica gli sia più disponibile, l’azione, il gioco, la forma pittorica o verbale - forse un musicista capace lo farebbe con la musica - colui che sogna si procura l’aiuto dell'analista per trasformare il linguaggio descrittivo ed evocativo nel linguaggio verbale della descrizione del significare, primo passo verso l’astrazione e la complessità. In questo modo i pensieri vengono disposti in una forma in cui il pensare nel senso che Bion attribuisce a questo termine, cioè la manipolazione dei pensieri per mezzo dei processi razionali, può avere inizio. Ciò comprenderebbe anche il pensare ai processi del pensiero stesso - pensare all'atto del pensare.[...](Meltzer, 1984)
Condividiamo con Meltzer che le premesse bioniane non possono che condurre a una nuova teoria dei sogni, la quale induce a “… considerare il sognare come una forma del pensare inconscio equivalente alle azioni e al gioco dei neonati e dei bambini, una teoria del simbolismo che lo collochi al cuore del processo del pensare al significato delle nostre esperienze razionali…” (ivi).
Il pensiero simbolico, da sempre legato al linguaggio verbale, trova in questa nuova teoria del sogno il modo per risalire “al cuore del processo del pensare”.
Si prospetta, così, un concetto esteso di linguaggio che presume dai simboli verbali, pur basandosi su di un simbolismo altrettanto elaborato, dotato anch'esso di un lessico e di una grammatica.
[...]Ed è a questo concetto esteso del linguaggio, il linguaggio diversificato della molteplicità delle forme simboliche (Cassirer, Langer, Wittgenstein, Russell) che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione. Se dobbiamo vedere i sogni come un linguaggio, dobbiamo considerarlo un linguaggio essenzialmente interno, una forma di comunicazione interna. Questo significa che, come con il linguaggio verbale, ci sarà necessario studiarne e comprenderne non solo il lessico ma anche la grammatica… la struttura grammaticale dei sogni, il modo in cui le immagini o i passaggi separati del sogno sembrano essere in relazione logica, sembra spesso un dato evidente.[...](ivi)
Una volta evidenziata la grammatica, occorrerà individuare il metodo attraverso il quale interpretare, ovvero rendere comprensibile il pensiero onirico mediante il Pensiero Verbale.
Fondamentale diventa il contesto empatico che sottende l’interpretazione, nel quale sognatore e interprete si incontrano sul terreno comune (Callieri, 1984) di una risonanza immaginativa; la quale può avvenire per merito della qualità estetica del racconto del sogno, in grado di suscitare rappresentazioni mentali in chi ascolta, allo stesso modo di una produzione artistica.
[...]Ciò che sembra verificarsi è che l’analista ascolta il paziente ed osserva l’immagine che appare nella sua immaginazione. Si potrebbe affermare con forza di argomenti che egli permette al paziente di evocargli, dentro se stesso, un sogno.[...](ivi)
Nell'interpretazione del sogno il confronto di immagini oniriche e non oniriche, ossia tra fantasie inconsce del sognatore e fantasie di veglia dell'interprete, servirà a volgere il pensiero onirico in Pensiero Verbale, comprensibile e comunicabile.
La qualità estetica delle immagini oniriche renderà il sogno formalmente affine a una comunicazione artistica, come nella poesia, nella pittura, nella musica, nella danza. Mettendo insieme la struttura narrativa e la qualità estetica del materiale onirico, l’interprete permette al sognatore di completare il processo di mentalizzazione e di pervenire alla consapevolezza del proprio Pensiero Inconscio.
Il Pensiero Verbale dello psicoterapeuta dovrà, quindi, tenere conto della modalità teatrale della rappresentazione onirica, intervenendo se occorre come suggerisce Meltzer, con immagini sulle immagini, entrando nello scenario del sogno per coglierne le storture, le incoerenze formali, ma anche l’originalità espressiva, insieme alla tonalità emotiva e affettiva contenuta e suscitata controtransferenzialmente dalle immagini stesse.
Il lavoro con i sogni si conferma, dunque, come “ via regia” non solo per l’accesso al Pensiero Inconscio ma anche per l’acquisizione di capacità simboliche stabili, determinanti, sia per lo sviluppo della personalità, sia anche per la terapia dei disturbi mentali.
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