Mente e Cura, n. 0/2009
Chi ha letto il mio libro del 2006, e un recente articolo uscito in gennaio su Psicologia Contemporanea, sarà già familiarizzato con quella impostazione di fondo che, senza fare esempi diretti, vuole proporre un discorso generale cui ciascuno potrà riferire la sua casistica personale e con il quale potrà orientarsi nella dimensione di cui ha esperienza diretta.
Il mio proposito è insomma quello di demistificare e demitizzare una componente dell’esercizio psicoterapeutico, sulla quale taluno ha cercato di costruire in modo strumentale e canagliesco una presunta identità professionale, fino a proporsi come outsider o addirittura innovatore, contro ogni verità e ogni effettiva consistenza, anche grazie ad una laboriosa ed insinuante campagna tesa alla conquista di spazi mediatici, necessari per millantare credito e nascondere l’assoluta inconsistenza delle tesi teoriche. Queste ultime spesso strombazzate in una accozzaglia di slogan, affidati soprattutto alle agenzie di stampa e mostrati in giro come prova di presunti riconoscimenti e presunte approvazioni da parte del mondo scientifico. La comunità scientifica viene, infatti, costantemente aggirata dal soggetto carismatico, per evitarne il giudizio critico e la richiesta di coerenza, i quali finirebbero per svelare l’imbroglio e la mistificazione malcelati ma sempre ignorati dai seguaci vecchi e nuovi, cioè da coloro che costituiscono l’elemento necessario e indispensabile del carisma.
Nel rimandare all’appendice del mio libro e agli altri lavori chi volesse documentarsi, invito i miei cari lettori a leggere di seguito queste righe e lasciare che nella propria mente si formino pian piano una rappresentazione, e poi un’idea e poi, spero si affaccino efficaci e cristalline parole come quelle urlate nella favola: “Il re è nudo!”
La talpa mediatica del carismatico
Supponiamo che un soggetto carismatico (sc) amministri da tempo un potere indiscusso sul suo gruppo costituito da discepoli e seguaci. La cosa potrebbe andare nel seguente modo: sc non fa che ripetere di essere un genio e di avere scritto una “teoria” che spiega come ci si ammala e come si guarisce dai disturbi mentali. Nonostante ripetuti tentativi di conquistarsi una visibilità mediatica, sc è ignorato dalle fonti di informazione e si guadagna qualche citazione solo per l’intercessione di qualche suo importante seguace, molto conosciuto in campo artistico. Un noto seguace di sc, ad es., a furia di dichiararlo sui giornali e sulle televisioni, ha creato intorno a lui un’aura di mistero e di magia, fino a farlo percepire all’opinione pubblica come un’eminenza grigia che lavora nell’ombra e vive di riflesso, sulle spalle di coloro che a sc si rivolgono per avere risposte su crisi esistenziali e psicopatologiche. Insomma, mentre altri rilasciano interviste e si fanno fotografare sui giornali, rivendendo a caro prezzo i discorsi accattivanti e approssimativi appresi al cospetto di sc, quest’ultimo langue e affonda nella noia di vedersi circondato da un gruppo di seguaci osannanti ma ciechi come talpe, rassegnati alla vita settaria e parrocchiale della comunità carismatica. Sc è stufo di aspettare: egli ha rotto con l’establishment della sua categoria per mettersi al centro dell’attenzione e conquistare nei media quello che l’accademia gli ha sempre negato. Sc vuole parlare con i riflettori addosso, vuole prendersi sonore rivincite su chi non ha trovato interessanti i suoi discorsi e lo ha rubricato a fenomeno da baraccone, vuole sconfessare i suoi detrattori e ammaliare sempre più i suoi seguaci, ovvero le sue vittime, nonché servire da esempio ai suoi discepoli, stimolandone l’invidia malcelata e l’inchino riverente.
Vive di queste cose sc: egli si guarda poco allo specchio dissacrante dell’autocritica, in quanto è intento a specchiarsi negli occhi attoniti di uno stuolo adorante, di fronte al quale compiere un gesto simbolico che rimanga negli annali della memoria collettiva del gruppo e crei così la “leggenda”.
Date queste premesse, supponiamo che un giorno si presenti al cospetto di sc un anonimo giornalista, non uno famoso ma una mezza calzetta, un quasi scribacchino che a stento conosce la lingua italiana e se ne serva per compilare scarni comunicati stampa da affidare alle numerose fonti d’informazione, che un tempo inondavano di notizie i giornali con le telescriventi e adesso usano internet. Beh, se un povero diavolo come questo si avvicinasse nei dintorni di sc potrebbe davvero contare su una calda accoglienza, essendo l’uomo giusto al posto giusto, anello mancante della catena mediatica necessaria a fare uscire dall’ombra il soggetto carismatico. Anonima e scialba, la talpa mediatica saprebbe collocarsi negli ingranaggi dei comunicati stampa da diffondere, creando una eco su episodi e avvenimenti della vita di sc e amplificando dichiarazioni e slogan del medesimo, dando così l’impressione che tale paccottiglia di sproloqui provengano da una fonte imparziale e autorevole. Fermamente votata alla missione di dare visibilità a sc, la nostra talpa non baderebbe a spese né a sforzi, e sarebbe disposta a vivere tutta la sua mediocre vita in funzione di uno scopo creduto eccelso e sublime. Uomo o donna che sia, immaginiamo la nostra talpa all’inizio di una giornata qualsiasi, concentrata a chiedersi come realizzare al meglio il suo ruolo di oscuro portatore d’acqua, valletto mentale che riordina pensieri non suoi, convinto forse di esercitare un mestiere sociale e di pubblica utilità, per niente consapevole di essere capitato in un medioevo di ritorno, con nani, ballerine, cortigiani ai piedi dello psicocarismatico e se stesso in gualdrappa da banditore, a fargli da cassa di risonanza ai danni del popolo ignorante.